Oggi, su molti temi etici e morali vi è una grande confusione. Crediamo, quindi, di fare una cosa utile ripresentando le diverse posizioni morali e, soprattutto, quella della Scienza dello Spirito, in modo che ognuno possa avere un punto di riferimento oggettivo rispetto ad un argomento di cui si parla in questi giorni relativo alla malattia, alla sofferenza e al diritto ad una dolce morte
L’EUTANASIA
Deriva dai termini greci eu = bene e thànatos = morte, a dire «buona morte».
Oggi la paura della morte sta portando la medicina a cercare di tenere sempre più in vita il morente, artificialmente e per mezzo di macchine. Spesso l’individuo non è più presente, ma si tiene in vita il corpo fisico costringendo la coscienza a rimanere accanto ad esso.
Le domande che sorgono rispetto alla morale e all’etica sono:
- Si può disporre liberamente della vita e del proprio corpo?
- Fino a che punto si può accettare di prolungare la vita?
- Ci sono diritti morali e giuridici legati alla morte? Se ci sono chi li fissa e con quali criteri?
- Un morente ha dei diritti?
- Quali sono i principi etici giusti, rispetto a quelli morali, accettati dalla maggioranza delle persone e oggi imposti da una minoranza di persone?
A queste domande hanno cercato di rispondere diverse correnti di pensiero, che si definiscono etiche ma in realtà morali. Vediamo le principali.
- Il pensiero cattolico afferma che non si può disporre liberamente della propria vita e del corpo, perché appartengono a Dio, e ribadisce il concetto della «sacralità della vita». Questo è un principio assoluto e un preciso comandamento, che vieta di porre fine alla vita in modo intenzionale.
- il pensiero liberale afferma, invece, la priorità del principio della libertà, rispetto a quello della vita. Per questa corrente di pensiero la verità si trova nei «Diritti dell’Uomo» e non in una dottrina che considera come fine della vita il volere di un Dio. Di conseguenza, l’uomo ha il diritto di disporre liberamente del proprio corpo e della propria vita come meglio crede. L’eutanasia o «suicidio assistito» è dunque accettata, per tutelare ciò che gli individui giudicano sacro nella loro vita: dignità, decoro, qualità, possibilità di esprimersi ecc. distingue, però, tra l’«uccidere» e il «lasciare morire». Se il paziente lo richiede è consentito non proseguire le cure, però non si può intervenire con farmaci per provocare la morte. Il male non è quello di «togliere la vita», ma di farlo senza permesso.
- Il pensiero utilitarista è, invece, basato sulla «qualità della vita». Il fine della vita è individualistico ed è basato sulla ricerca della felicità. Una vita, quindi, è considerata interessante se può essere vissuta secondo un sufficiente tenore e qualità. Quando questi mancano e l’individuo preferisce la morte, questo suo desiderio e la sua autonomia devono essere rispettati.
Secondo questa corrente di pensiero è più grave prevaricare gli interessi della persona che togliergli la vita. È, cioè, una morale materialista basata sull’egoismo assoluto e sulla distinzione fra «vita biologica» e «vita biografica», con prevalenza della seconda.
- Il pensiero kantiano basato sul «rispetto della persona» è assai simile a quello della Scienza dello Spirito. Ogni azione deve essere governata dalla Ragione, rispettando la coerenza fra i fini che si sono posti e i mezzi usati per raggiungerli. Visto, però, che l’uomo è composto anche di desideri diventa necessario l’imposizione morale di imperativi o comandamenti che detengono un Dovere e che formano la Coscienza della persona. Per es.: divieto della violenza, dire sempre la verità, coltivare la fedeltà e la lealtà, ecc.
L’indice della valutazione etica è dato dalla relazione, che rappresenta l’aspetto costitutivo della persona: il rispetto verso l’altro, implica lo stabilire relazioni rispettose verso tutti.
Condanna in modo assoluto l’eutanasia, in quanto la dignità di una persona consiste nella sua essenza superiore (Anima) e nella sua capacità di fronteggiare ogni genere di paure e di difficoltà, comprese la malattia e la morte. Inoltre, non ci si può privare della vita fisica finché ci sono ancora doveri da compiere. Dare la morte o lasciare morire significa considerarsi come un semplice mezzo per eliminare la sofferenza e, quindi, chi si comporta in questo modo non è una persona!
- La posizione della Scienza dello Spirito, rispetto questo soggetto, è molto chiara:
- Parte dal concetto che la morte non esiste, ma che è solo un passaggio di coscienza dal piano fisico a quello dove è focalizzata la coscienza (emotivo o mentale). Di conseguenza, essa risponde al «Principio di Liberazione»: liberazione della coscienza dalla schiavitù della materia del corpo fisico.
- L’uomo è vincolato da Leggi Universali, che ha il dovere di rispettare e di applicare. È solo quando assimila nella sua Coscienza la conoscenza di queste Leggi che comprende che la morte non esiste e che vi è solo la Vita. Vita composta da una coscienza in continua evoluzione all’interno di un Piano infinito, che deve portarla, attraverso innumerevoli incarnazioni, ad assimilare l’Amore e a fondersi con esso.
- Questo processo è accelerato o rallentato dalla qualità etica dei comportamenti, nei quali si deve imparare a diventare sempre più responsabili nei pensieri e nelle conseguenze delle azioni.
- L’uomo non è libero di disporre del corpo a suo piacimento e, quindi, non può rifiutare la vita senza portare pesanti conseguenze karmiche. Nulla è più grave del suicidio, perché è la negazione della ragione stessa del perché esistiamo. Il suicidio è l’unico caso in cui il karma porta l’uomo a ritornare indietro nella sua evoluzione, per semplicemente riprendere a rispettare il dono della vita.
- Nel caso dell’eutanasia volontaria, causata dalla sofferenza, le conseguenze karmiche non saranno così gravi come nel suicidio, però si dovrà imparare che la sofferenza e il dolore sono i grandi Educatori della personalità, che l’ingiustizia divina non esiste e che il lamento è uno dei principali nemici dell’uomo e della sua evoluzione, perché significa che non ci fidiamo dei progetti che la Vita ha preparato per aiutarci ad evolvere. Il dolore e la sofferenza non sono mai gratuiti: se ci colpiscono è perché in passato li abbiamo causati ad altri e ora la Vita ci fa toccare con mano cosa questo significa.
- Se si usano solo mezzi spirituali, il facilitare il processo della morte non è vietato. Se, per esempio, la sofferenza è atroce, se non esiste nessuna speranza di guarigione e il malato (o la famiglia se questi è incosciente) lo vuole, allora si può agire per convincere il morente ad abbandonare il corpo fisico. Questo agire, però, non deve essere la pura reazione emotiva portata dal terrore della sofferenza, ma da una giusta comprensione delle possibilità spirituali della morte e della Coscienza sui piani più sottili.