LA NONA FATICA
“L’UCCISIONE DEGLI UCCELLI DI STINFALO”
Sagittario – 23 Novembre – 21 Dicembre
AFORISMA
Della vita assaporo ogni moto, ogni gioia e ogni piacere.
Mai sazio passo da un’esperienza all’altra a ritmo di danza.
Godo dell’abbondanza del creato a cui mi abbandono spensierato.
So però che nel fondo di me si cela una divina insoddisfazione mai paga di vivere.
Seguo allora con lo sguardo la freccia lanciata nello spazio lontano, quella è la direzione.
Se incontro un bersaglio resisto alla tentazione di fermarmi.
Continuo a seguirne la traiettoria consapevole che un giorno mi porterà alla meta agognata.
MOTTO DEL SAGITTARIO
“Vedo la meta. La raggiungo e ne vedo un’altra”.
Questo motto parla di direzione. Ognuno di noi dovrebbe avere una meta verso la quale focalizzare l’attenzione e raccogliere le forze.
Per molto tempo le mete dell’uomo sono determinate dai desideri, dagli istinti e dalle illusioni che lo portano da una parte e dall’altra, nei casi più fortunati verso un obiettivo preciso che è però sempre della personalità.
Per lunghe ere il cammino umano è stato questo. Sballottati da una meta personale all’altra, abbiamo vissuto milioni di esperienze, abbiamo sofferto e gioito, vissuto le conseguenze dei nostri atti e imparato importanti lezioni.
Giunge un momento, nel percorso evolutivo, che l’individuo infine si ri-orienta, da scopi personali impara a focalizzarsi su scopi spirituali. Le mete diventano il perfezionamento di se stessi, il contatto con la propria Anima e l’espressione delle Sue Mete nella vita di ogni giorno. Lo scopo ultimo si può riassumere in “semplicemente Essere Anima”.
Naturalmente la Meta non si raggiunge una volta per tutte, ma occorre un cammino, che prevede tappe, raggiungimenti e mete intermedie.
Da qui il motto esoterico del Sagittario: un lento ma continuo procedere verso la meta intravista, il suo raggiungimento e la ripresa del cammino verso una meta più elevata.
Di tappa in tappa si raggiunge la Vetta che vedremo in Capricorno.
IL MITO
Il Maestro chiamò Ercole e gli disse: “Oltrepassa la nona Porta, cerca la palude di Stinfalo dove hanno preso dimora dei terribili uccelli che stanno devastando ogni cosa e scacciali lontano, liberando quei luoghi. Ti posso solo dare questo suggerimento: -La fiamma che brilla al disopra della mente rivela la sicura direzione- Ora vai e svolgi questo compito”.
Ercole partì ubbidiente come il solito e cominciò a cercare la palude. Quando giunse nelle sue vicinanze fu assalito da un fortissimo fetore e da un gracchiare di uccelli dissonante e minaccioso.
Gli uccelli erano veramente orribili a vedersi: avevano il becco di ferro affilato come una spada e penne come aste d’acciaio che quando cadevano spaccavano la testa dei viandanti.
Tre uccelli si scagliarono subito contro Ercole, che li scacciò con la sua potente clava, ma gli altri erano così numerosi da riuscire ad oscurare il sole. Ercole si rese subito conto che senza un piano preciso non avrebbe mai potuto liberare la palude dalla loro invasione.
Mentre cercava di escogitare vari sistemi di lotta, si ricordò del consiglio del Maestro: “La fiamma che brilla al disopra della mente rivela la sicura direzione”. Allora si concentrò in meditazione, riflettè a lungo ed ebbe una geniale intuizione.
Si ricordò di avere con sé due grossi piatti di ottone che gli erano stati donati da Atena: li prese e cominciò a batterli insieme producendo un suono così stridente e intollerante da spaventare perfino i morti. Ercole stesso non vi poteva resistere e doveva tamponarsi le orecchie.
Al crepuscolo, quando la palude tornò a riempirsi di uccelli, Ercole cominciò a battere violentemente i suoi piatti di ottone. Il fracasso che producevano era di una dissonanza talmente lacerante da sconvolgere e disorientare gli uccelli predatori. Questi mostri, dopo i primi attimi di smarrimento, si levarono in volo con rauche grida di spavento e fuggirono via per non ritornare mai più.
Un profondo silenzio cadde all’improvviso su tutta la palude, finalmente libera.
Ercole tornò dal Maestro che lo approvò dicendo: “Hai liberato la palude dagli uccelli assassini. La fatica è compiuta”.
IL SEGNO – INSEGNAMENTI
Il segno del Sagittario è rappresentato dall’arciere sul cavallo bianco che talvolta è raffigurato come un centauro con arco e frecce. Il simbolo del centauro, metà uomo e metà animale, racchiude in sé l’intera storia dell’uomo: il cammino per riunire e fondere in un’unica realtà l’anima e la personalità. Il cavallo bianco simboleggia la divinità e la freccia direzionata simboleggia la direzione del percorso per arrivare all’anima e infine alla divinità.
Il motto esoterico del segno è: “Vedo la meta. La raggiungo e ne scorgo un’altra.”
Il Sagittario è il segno del silenzio. Ci insegna che non possiamo entrare nel sentiero spirituale se prima non abbiamo imparato a controllare le nostre parole attraverso il controllo del nostro pensiero. Il giusto uso del pensiero e il controllo della parola ci permettono di diventare innocui sul piano fisico e di non creare Karma per noi stessi o verso altri esseri umani.
Il Sagittario è anche il segno della verità e dello spirito di giustizia. Se usiamo le frecce del pensiero in modo corretto, comprendiamo che la verità che noi siamo riusciti a intravedere non è qualcosa di assoluto da imporre agli altri come spesso siamo tentati di fare, ma è semplicemente la nostra piccola verità, un piccolo frammento di un mosaico molto più grande.
Se usiamo il pensiero in modo corretto, siamo anche in grado di discriminare tra il giusto e il meno giusto e abbiamo l’umiltà di comprendere che ciò che è giusto per noi può essere sbagliato per un nostro fratello, e viceversa. Non dobbiamo mai imporre ciò che noi crediamo giusto ma dobbiamo coltivare la fiducia e credere che ognuno agisce secondo il proprio meglio. Solo così potrà emergere tra gli uomini il controllo del pensiero e lo spirito di innocuità. Dobbiamo comprendere che la giustizia non potrà mai stabilirsi con la lotta ma solamente con l’uso del retto pensiero che proviene dal contatto con l’anima.
Il Sagittario è anche il segno del potere. Dobbiamo ricordarci che più avanziamo sul sentiero spirituale più diventiamo potenti. Anche il nostro pensiero e le nostre parole diventano più potenti e quindi, se pensiamo in modo errato, il male che ne deriva è molto più grande. Più diventiamo potenti più aumenta la nostra responsabilità e l’urgenza di diventare innocui.
La fatica del Sagittario ci richiama che il nemico da affrontare è sempre in una palude. Le paludi rappresentano la mente concreta e le emozioni. Dobbiamo sempre aver presente che la mente separativa e la natura emozionale con i pericoli delle loro tentazioni sono sempre in agguato sul sentiero spirituale.
I tre uccelli che per primi assalgono Ercole simboleggiano il pettegolezzo e la critica, l’autocompassione che ci spinge a parlare di noi in modo egoistico e il gettare le perle ai porci.
Il pettegolezzo è stato definito “assassinio spirituale”. Molte vite sono state distrutte dal pettegolezzo. Noi però conosciamo la legge di restituzione, sappiamo che tutto ciò che emettiamo ritorna a noi, che la causa di tutto ciò che ci capita siamo noi stessi e che solo colui che è innocuo nel pensiero non ha nemici. Sappiamo che se emettiamo amore e giustizia ci torneranno amore e giustizia.
La tentazione dell’autocompassione e di sentirci al centro dell’attenzione mettendo i nostri problemi personali in primo piano è un grande freno per il nostro cammino spirituale. Dobbiamo imparare ad avere una visione più grande ed inclusiva, a spostare il fuoco della nostra coscienza verso i problemi dell’umanità e verso l’urgenza del servizio.
Dobbiamo imparare a comprendere che cosa significa “gettare le perle ai porci”. Spesso siamo imprudenti, non sappiamo discriminare e cediamo alla tentazione di parlare di cose occulte con persone non ancora pronte, causando gravi danni e ritardando anche di parecchio la loro evoluzione.
Un ultimo insegnamento. Gli uccelli della palude di Stinfalo simboleggiano tutte le forme pensiero costruite dall’umanità, che infine diventano una nube in grado di oscurarci la visione della meta spirituale.
Noi costruiamo forme pensiero anche quando pensiamo alle nostre aspirazioni spirituali, perché è l’atto del “pensare” che costruisce. Alla fine queste forme pensiero diventano una grande nuvola che ci nasconde la direzione della nostra ricerca.
Dobbiamo quindi SMETTERE DI PENSARE CONTINUAMENTE A CIO’ CHE DOBBIAMO FARE E IMPARARE PIU’ SEMPLICEMENTE A “ESSERE”.